Alberto Mandolesi
La redazione della “Farandola News”, nel suo “variegato” tour giornalistico, incontra un personaggio di una grande disponibilità, simpatico e solare nello stesso momento. Un personaggio d’altri tempi, che si sente fortunato per quello che il destino gli ha regalato perché, come dice lui: “La vita è più forte di noi, ci può condizionare ma alla fine è lei che decide”. Alberto Mandolesi. Voce storica della A.S. Roma, che segue con ininterrotta passione da anni, prima come tifoso e poi come giornalista. Può vantare a ragione la prerogativa di essere l’unico radiocronista romano ad avere raccontato due scudetti (1983 e 2001). Lavora nell’emittente radio Centro Suono Sport dall’estate del 2010. Ha pubblicato di recente il libro Roma ’80 che racconta un’epoca di calcio pulito, il lato umano di calciatori come Giannini, Ancelotti e Conti. Ci fa scoprire che c’è stata un’epoca in cui i calciatori non stavano in un olimpo lontano quanto i loro ingaggi stratosferici. C’erano delle persone dentro quelle maglie, e Alberto con questo libro è come se ci portasse a incontrarle, un po’ come rivedere vecchi amici. Questo è il bello del suo ultimo lavoro di scrittore.
Alberto, tu hai iniziato la tua attività professionale nel 1975, ne parli ai lettori della “Farandola News”?
Premetto che facevo inizialmente il musicista, avevo la passione per la chitarra, quasi per scherzo fui chiamato da chi aveva fondato la prima radio romana (Radio Roma) Alessandro Malatesta, il quale mi offrì la possibilità di fare lo speaker parlando di musica e sport. In seguito, visti gli ottimi risultati, dovetti fare una scelta e, agli inizi degli anni ’80, lasciai il mondo musicale per dedicarmi completamente al giornalismo sportivo.
Sei una persona che crede fortemente nel proprio lavoro, ti soddisfa questo?
Certamente, forse sona tra i pochi che svolgendo una professione che piace e appassiona contemporaneamente non soffre di “rifiuti” lavorativi. A volte, sento persone che laconicamente affermano: “Domani è lunedì”, quasi per voler restituire il senso di “sofferenza” nell’affrontare una nuova settimana lavorativa. Per me non è così, il mio lavoro è un correre continuo, l’attività che ho scelto mi soddisfa completamente, e quindi è tutto naturale e piacevole.
Nell’ambito della tua professione si nota come tanti giovani che si affacciano al mondo giornalistico vogliano “bruciare” le tappe senza fare una sorta di ”gavetta” professionale. Percepisci anche tu questo?
Premetto che generalizzare è sempre un errore, però a essere sinceri per sommi capi questi giovani li vedo molto saccenti e, detto da me che sono ben quarantadue anni che svolgo questa professione, è tutto dire. Mi ricordo i miei esordi giornalistici, dove mi trovavo a lavorare con dei “mostri sacri” della carta stampata: Ezio De Cesari, Gianni Brera, Gianni Melidoni, Aldo Biscardi… eppure prima di dargli del “tu” ho impiegato del tempo, questo dovuto a una forma di rispetto che provavo nei loro confronti. Oggi non è così, dopo tre giorni di trasmissione si sentono già “veterani”, ti parlano sopra, cercano di toglierti spazio imponendo le loro considerazioni, idee, concetti. Tutto ciò non pone a loro favore, la gavetta è giusta, ti “forgia” caratterialmente, ti aiuta nel tempo a essere più sicuro di te, però se ti approcci in modo errato alla professione… la strada è breve.
Ti sei rapportato nella tua vita con il mondo musicale e quello giornalistico sportivo, che differenza trovi tra le persone che hai conosciuto?
Devo dire che per tanti aspetti sono molto simili, perché anche nel calcio si fa spettacolo. Sui sentimenti c’è molta similitudine. Premetto che la musica è una grande forma di arte, indovinare quello che devi scrivere per un testo musicale, riascoltarlo negli anni riuscendo a percepire le stesse sensazioni ed emozioni di un tempo… be’, possiamo veramente dire che tutto ciò rappresenta un sentimento unico. Il calcio nella sua totalità è un sentimento più di quanto sembra, è difficile trovare un qualsiasi calciatore che non sia indifferente a un inno nazionale, al tifo dei propri sostenitori. Ecco, sono emozioni diverse ma ugualmente profonde.
Entriamo nello specifico nel tuo settore, il compianto presidente dell’Ascoli Calcio Costantino Rozzi, in una puntata del “Processo del Lunedi”, condotta da Aldo Biscardi, affermò due cose che poi il corso del tempo confermò: “La rovina del calcio italiano sarà lo svincolo dei calciatori e l’arrivo dei procuratori”. Che ne pensi?
Alla luce di tutto quello che in seguito è accaduto, bisogna riconoscere a Costantino Rozzi i suoi giusti timori. Effettivamente le società di calcio sono state messe in palese difficoltà, e lo saranno anche in futuro se non si modificherà qualche cosa. È cambiato il mondo veramente, prima c’era la famosa “stretta di mano” per sancire un accordo tra società e calciatori, oggi non è assolutamente cosi. Basti pensare alla Sentenza Bosman, che nel 1985 stabilì che i calciatori dell’Unione Europea potevano trasferirsi gratuitamente alla scadenza del contratto a un altro club purché facente parte di uno Stato dell’Unione Europea. Forse tutto questo ha favorito i calciatori e di riflesso i procuratori.
Negli anni passati le società di calcio puntavano molto sui settori giovanili, oggi, fatta eccezione per poche società, in primis il F.C. Barcellona, ciò non accade, perché succede questo?
Forse è logico pensare che ci siano interessi più grandi di noi, perché nel momento in cui un ragazzo che parte dalle giovanili di una qualsiasi società (il Barcellona ne è l’esempio) e approda in prima squadra, non c’è la necessità dei procuratori, quindi i costi si contengono, e contestualmente la società che applica questa politica può contenere anche il monte ingaggio che, di fatto, lievita con la presenza dei procuratori stessi.
Questa estate sulle pagine dei quotidiani sportivi e non solo ha tenuto banco il passaggio del calciatore brasiliano Neymar dal Barcellona al Paris Saint-Germain, per l’importo stratosferico di 222 milioni di euro, rendendolo il calciatore più pagato di sempre. Si possono secondo te spendere cifre così “folli”?
Potrei sintetizzare la risposta con la citazione del mio amico giornalista Gianni Minà: “La legge la fa il mercato”. Be’, che dire, se trovi un appassionato che pur di avere un qualcosa di unico, originale (esempio l’estro e la classe di un calciatore) vuol fare “pazzie” economiche… chi può fermarlo? Le risorse economiche sono le proprie! Sicuramente siamo all’eccesso. Sorrido ancora nel vedere in Tv la registrazione della presentazione di Neymar alla stampa mondiale, quando con assoluta disinvoltura ha detto: “Non sono venuto a Parigi per i soldi, ho sempre amato questa città”. Aggiungerei una mia personale riflessione: non è detto che grandi investimenti siano confortati dai risultati.
Alberto, torniamo indietro nel tempo, anno 1983, ti pongo una domanda da tifoso: tu sei stato grande amico del centrocampista della Roma Paulo Roberto Falcão, in quell’estate la stampa scriveva pagine intere dedicate al passaggio del calciatore all’Inter, accordi presi con il procuratore ecc ecc… Poi cosa successe?
Guarda, è stato il “caso” calcistico di quell’estate del 1983, la Roma aveva vinto da poche settimane lo scudetto e uno dei principali artefici di quell’impresa fu proprio Falcão. Inevitabile che tante squadre avessero puntato su di lui per rafforzarsi, tra queste anche l’Inter. Il discorso sarebbe molto lungo e complesso… ci vorrebbero giorni per raccontarlo. Posso solo dire che nei confronti del calciatore ci furono molte pressioni, da una parte il suo procuratore Cristoforo Colombo, che già aveva trovato l’accordo con la società nerazzurra, dall’altra la società e vari personaggi (anche uomini politici importanti) che in una sorta di vero “pressing” calcistico cercavano di convincere il Falcão a rimanere a Roma. Poi tra tante telefonate e incontri segreti ha prevalso il buon senso, e sappiamo poi tutti come la storia si concluse. Posso personalmente aggiungere che per la Roma sarebbe stata veramente una grande perdita.
Alberto, per concludere la nostra intervista, una domanda di parte. Tu hai conosciuto la nostra realtà associativa che lavora ormai da anni sul territorio, cosa pensi del nostro lavoro?
Devo essere molto sincero, mi avete conquistato gradualmente. In genere nel mio lavoro sono avvicinato sempre da tante persone, tutti con tante richieste (interviste, partecipazioni a eventi, premiazioni) a volte mi è difficile poter accontentare tutti ed essere presente. Il caso vostro è differente, siete arrivati a me con immensa modestia, parlando di un bel progetto di mostra in concomitanza dell’11° edizione della manifestazione dicembre.Arte, poi conoscendovi ho capito la passione e l’amore con cui proponete le vostre iniziative, dimostrando di essere veramente innamorati di quello che fate… E poi avete degli spazi stupendi, tenuti con immensa cura… Complimenti a voi per quello che fate. Dimenticavo… siete una vera e concreta realtà!