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Published on: Archivio Storico Enrico Castelli

Enrico Castelli e Franco Gentilini, un legame con la passione verso l’arte

Due personalità e sensibilità diverse che si incontrano in quel mondo artistico e magico della scuola romana.

A cura del Maestro Franco Massimi

L’incontro tra lo scultore Castelli e il pittore Gentilini è avvenuto in un periodo storico ricco di movimenti culturali e correnti artistiche: nel periodo compreso tra gli anni ’30 e gli anni ’70 del ’900.
Questi due amici uniti dalla poetica artistica, fanno parte di un percorso che documenta un frammento culturale romano colto nel suo insieme, ricco di protagonisti ma anche di testimonianze di artisti attardati o provinciali, favoriti dal gusto ufficiale e da una politica non sempre all’altezza.
Nel corso degli anni, in questo ambiente misconosciuto ma non per questo meno prezioso di artisti non romani diventano veri protagonisti dell’arte, non solo romana ma anche internazionale, come è avvenuto con il pittore Franco Gentilini, che intorno agli anni ’30 si stabilisce a Roma.
Conoscerà la scuola romana ed Enrico Castelli, il quale lo ospiterà nel suo studio condiviso con l’amico scultore Edgardo Mannucci, a Roma, in via Flaminia, una zona dove hanno gravitato diversi artisti, un microcosmo urbanistico compreso tra la Porta del Popolo e piazza di Spagna, dove pittori, scultori, poeti, scrittori e musicisti cercheranno di affermarsi nel corso degli anni sostenuti, molto spesso, dalla generosità dei fratelli Menghi, proprietari di un’ osteria sita proprio nella via dove si trovava lo studio di Castelli.
In questo periodo storico, oltre la Quadriennale, istituita nel 1927 e trasformata nel 1937 in ente autonomo, a Roma ci sono altre occasioni espositive, come le mostre di arte marinara, di arte sacra e le mostre sindacali.

La quadriennale, “Mostra nazionale”, sarà destinata ad assumere un ruolo sempre più rappresentativo per l’arte italiana, svolgendosi tra l’altro al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Le opere che furono acquistate per la galleria capitolina nelle edizioni tra il 1931 e il 1943 furono 348, un ricco patrimonio che copriva le tendenze e i nomi più importanti dell’arte italiana della prima metà del Novecento: Carrà, De Chirico, Capogrossi, Afro, Severino, Scipione, Morandi, per citarne alcuni. In questo contesto si può citare anche Enrico Castelli, il quale vinse nel 1937 il primo premio riferito alla scultura nella VII sindacale di Roma, e nel 1940 la Galleria d’Arte Moderna di Roma acquisì un suo lavoro. Mentre Franco Gentilini partecipò a tre quadriennali: nel 1935, nel 1939 e nel 1943, anno in cui la Galleria Nazionale di Roma acquisì il dipinto La camera incantata.
L’amicizia tra Castelli e Gentilini si è consolidata negli anni ed e durata fino alla scomparsa di Castelli avvenuta nel 1980.
Il loro sodalizio è stato molto prolifico nel campo grafico-artistico, considerando le numerose tirature di incisioni che Castelli ha elaborato per lui, stampandole con il torchio calcografico di sua invenzione. Nel campo della grafica d’arte Castelli aveva una concezione fuori dal comune, ne sono testimoni alcune proposte di interazione tra arte e industria, la ricerca di uno sbocco al di fuori dei soliti canali del mercato d’arte e soprattutto una società dell’immagine e della comunicazione, ma quella che si andava configurando intorno agli anni ’60-’70 aveva bisogno di nuove regole percettive, più razionali e universali.
Fu un artista poliedrico, molto curioso e aperto verso il nuovo ma con un profondo attaccamento alle proprie radici culturali, con il rispetto per le arti tradizionali e il tutto da un senso estetico molto raffinato. Ecco, allora, che da questo difficile equilibrio tra antico e moderno Castelli ha tratto la forza, la vitalità e il fervore creativo, con la saggezza dovuta alla sua esperienza, ma anche con la passione di un adolescente.
Tutto questo viene testimoniato dalla sua produzione artistica e dalla sua documentazione scritta.
Con Enrico Castelli e Franco Gentilini stiamo percorrendo un pezzo di storia dell’arte italiana, due artisti con personalità differenti ma appassionati della loro professione artistica.
Ed è poco dopo la loro conoscenza che Franco Gentilini crea una delle sue prime opere giovanili, Giovani in riva al mare, considerata come una dei massimi risultati di quella fase giovanile della sua pittura, che in qualche misura può definirsi “neoumanistica”.
Il dipinto si ispira a modelli classici, rivisitati però in una chiave di geometrizzazione delle forme, che è assolutamente moderna; è proprio da questo bilanciamento perfetto tra linee verticali e linee orizzontali, tra colori caldi e colori freddi, tra revival neoclassico e semplificazioni, che deriva il fascino esaltante di questa opera. Tuttavia, permangono nell’opera di Gentilini stesure vellutate e raffinate, che ricordano il cromatismo del periodo faentino.