Vivere la natura ci porta spesso con curiosità a esplorare quel mondo magico, pieno di colori, di luci e di profumi che fa sentire un’eccelsa sensazione di amore e consapevolezza.
L’affascinante percorso dell’Associazione Culturale la Farandola prosegue nella parte sud di Roma, un’estesa campagna che arriva fino a Ciampino, un vasto territorio agricolo indicato come Vigna Ciampini. La piana di Ciampino, che vanta la nascita di primi insediamenti e di estese canalizzazioni già nel periodo del Bronzo Antico, è stata la via degli acquedotti romani.
Qui, infatti, furono realizzati gli acquedotti dell’Acqua Giulia, Appia, Alessandrina, Vurgo, Claudia e il famoso acquedotto dell’Acqua Marcia. Consapevoli della storia e della bellezza del suo territorio, vedendo appena un frammento della sua campagna, abbiamo voluto proseguire questo percorso culturale dedicandole una rassegna d’arte con una mostra artistica all’interno della D’AC, Galleria Comunale D’arte Contemporanea di Ciampino, patrocinata dallo stesso Comune.
Una rassegna d’arte con esposizione di opere artistiche di pittura, scultura e istallazioni. Questo ci ha consentito di continuare il progetto artistico su Frammenti di campagna romana, cammino che intende essere una vera e propria memoria storica visiva. Il ruolo dell’artista contemporaneo, che è di per sé una reale testimonianza significativa e vivente, la riscopre in tutta la sua bellezza! È una viva testimonianza di cronaca immediata, quasi giornaliera, sui cambiamenti che avvengono in un modo così veloce, quasi da sfuggire ai nostri occhi.
Oggi la tecnologia suggerirebbe di sostituirsi alla manualità, alla materialità delle immagini, alla percezione emotiva della realtà con il risultato di un’omologazione lucida, sterile e consumistica. Per questo se si vuole sostenere l’arte c’è bisogno di ritrovare un interlocutore con cui potersi rapportare. Questo vuoto contraddistingue l’attuale momento storico in modo ormai palese.
Si dice sempre che siamo arrivati alla fine della pittura! Assolutamente no! In virtù di questa convinzione, abbiamo voluto dare forza e spazio ad artisti reali, fortemente radicati nella propria esperienza, in questa rumorosa società usa e getta e tutta tecnologica che rende invisibile l’uomo artista! L’artista nella sua ricerca è il testimone della propria vita, ed è assolutamente questa l’unica ragione del suo diritto di esistere nonostante l’avanzare prepotente della macchina tecnologica. Quindi l’interlocutore di cui parliamo è quella parte di invisibile che l’uomo contiene in se stesso.
Le questioni ambientali, l’esaurirsi delle risorse naturali, l’acqua, l’aria, il cibo …. Il visibile e l’invisibile … tutte questioni che ormai pesano sulle coscienze e sulla vita di ogni abitante, umano o altro, del pianeta Terra. In questo contesto ci si accorge come l’anima “post-moderno” si stia risvegliando da un lungo periodo di stasi legato alla predominanza sulla vita degli aspetti materiali su quelli spirituali, e come, svegliandosi, raccolga tutta la disperazione e tutta la speranza possibile. La disperazione che nasce dall’aver dimenticato qual è il fine della pripria vita; la speranza che invece nasce dal comprendere come l’uomo non è solo corpo, materia, ma è anche la risultante finale di un infinito processo evolutivo, composto da linee e campi di energia, dove il positivo ed il negativo, il bene ed il male possono rappresentarsi come colore e luce o come coni d’ombra angoscianti. Con queste premesse risulta evidente come da ogni tela di questi giovani artisti si delinei l’originalissimo percorso poetico dove ci si incammina nelle macchie e nei colori luminosi di paesaggi cheseppure all’inizio obbligano la mente a ricordare Fattori ed i suoi contemporanei se ne distaccano poi bruscamente, laddove le inquietanti pennellate brunite, messaggere del disastro in atto, delineano i segni stessi della loro dissoluzione. Quelle macchie scure e anticipatrici che si intravedono nei luminosi paesaggi proposti da questi giovani artisti vengono amplificate nelle nuove tele di Massimi, dove l’aspetto simbolico diviene estremo, oltre l’apparenza delle cose, sfociando a tratti nell’astratto, diapason delle emozioni, delle ansie e degli istinti più profondi dell’uomo post-moderno. I “frammenti di campagna romana” divengono in ciò, l’archetipo documentale di tutte le mutazioni in atto, sia esterne che interne, da consegnare ai futuri esseri che abiteranno il mondo di domani.