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Published on: La Farandola News

La Farandola NEWS intervista…

Andrea Roncato

La redazione della “Farandola News” oggi incontra un personaggio pubblico che con disinvoltura ha aperto il suo “scrigno” di ricordi artistici e personali, dimostrando con ciò che nella vita non serve essere “inavvicinabili” ma disponibili ad aprirsi al prossimo. Solo così possiamo apprezzare ancor di più quelle qualità, artistiche ma soprattutto umane, che a volte né il cinema né tanto meno la televisione fanno trasparire completamente. Andrea Roncato è un’artista solare, sincero, propositivo e mai remissivo. Si distingue molto per le innumerevoli attività a scopo benefico che gli hanno permesso il conferimento della Croce di Cavaliere di Malta e quello di Ambasciatore nel mondo per la difesa dei bambini disabili.

Andrea da dove vogliamo iniziare?

Da una cosa che personalmente considero fondamentale, citata da te poco fa: la disponibilità. Una persona intelligente che svolge un lavoro come il mio dove è importante il contatto con il pubblico non può appunto non essere disponibile. Chi viene a darti la mano, ti chiede una fotografia o un autografo, un’intervista, sono le stesse persone che ti danno da “mangiare”, che riempiono le sale cinematografiche. Quindi per me non solo bisogna essere disponibili ma anche ringraziare, perché io senza di loro non sarei nulla.

Partiamo dai tuoi studi Laurea in Legge, un diploma di solfeggio al Conservatorio… in tanti pensavano a una carriera di avvocato o di musicista, invece… che è successo?

Veramente da piccolo pensavo di diventare un organista famoso, i primi soldi li ho guadagnati suonando in chiesa per i matrimoni. Credo che il fatto di aver svolto nella vita varie attività mi è stato utile anche per il mio lavoro. Sono le stesse cose che ripeto ai ragazzi che frequentano l’Accademia di recitazione: qualsiasi lavoro nella vita voi facciate vi servirà molto per interagire con la gente.

Cos’è per te il talento artistico e in chi lo riconosci?

Il talento artistico è una cosa innata, ma lo è per tutte le arti, dalla pittura alla scultura alla poesia e lo riconosco in varie persone. Credo che molti di noi posseggano un talento artistico, solo che spesso si ha paura di farlo emergere, oppure la vita stessa ti costringe a fare cose che non sono quello che veramente avresti voluto fare. Io credo che la cosa più bella della vita è fare un lavoro che ti piace, e quando la mattina ti alzi per andare al lavoro affronti la giornata con l’entusiasmo perché sai che la tua professione ti soddisfa. È lo stesso entusiasmo con cui io giornalmente affronto la mia vita. Il talento artistico è un qualcosa che ti senti dentro, è una qualità che ti permette di cogliere le emozioni, è una sensibilità che con il tempo tiri fuori e metti in pratica: nella recitazione, nel canto, nella musica. In Italia ci sono tanti giovani talenti artistici con grandi capacità, attori come Favino, Castellitto, Argentero, e brave attrici come la Ramazzotti, Michelini, Smutniak. Bisogna capire una cosa: Il cinema rappresenta la vita, quindi se faccio un film, racconto una storia con vari personaggi che rappresentano tutte le età, e per forza di cose non devono essere tutti “belli”, ci sono interpreti giovani, meno giovani, anziani, brutti ecc.. sono le persone che fanno parte della quotidianità. Per esempio il cinema americano ama usare molto personaggi avanti con l’età in ruoli importanti e delicati, Al Pacino e De Niro ne sono il simbolo. In Italia c’è stato un periodo che cercavano i cosiddetti “belli”, e per far questo trasmissioni come il Grande Fratello, o quelle con i “tronisti” ne erano lo spunto. Poi si sono visti i risultati…. Il talento artistico è ben altra cosa!

 Hai lavorato per molti anni accanto all’amico di sempre Gigi Sammarchi, diventando con il tempo una delle coppie più famose della Tv e del cinema, come nasce quest’intesa artistica tra di voi?

Eravamo compagni di parrocchia, andavamo a giocare insieme, io suonavo il pianoforte lui la chitarra, abbiamo anche messo su un piccolo gruppo rock chiamato  I ragazzi della nebbia. I primi spettacoli li facevamo davanti ai nostri amici e abbiamo così iniziato a fare scenette e gag. Cantavamo inoltr, in un coro di canzoni popolari di montagna il Coro Stelluti di Bologna, lì abbiamo incontrato il cantautore Guccini, anche lui con la passione del coro. Venuto a conoscenza dei nostri spettacoli ci propose di esibirsi in un suo locale, L’osteria della dame, dove si faceva anche del cabaret. Da lì è iniziato il percorso artistico del duo “Gigi e Andrea”.

Che differenza c’è tra il cinema e la televisione per un attore?

Il cinema, la televisione varietà e fiction e aggiungerei il teatro sono tre lavori diversi su cui un attore deve cimentarsi. Con il teatro hai davanti a te il pubblico e devi esagerare nei movimenti nella voce, per dar modo anche a chi è seduto più lontano di vederti e ascoltarti bene. La televisione varietà è invece un tuo dialogo con la telecamera ed è indirizzato al pubblico di casa. La televisione fiction, come d’altronde il cinema, è una storia che tu vivi insieme ad altri attori e il pubblico vede questa storia come spettatore. In tutti i casi, la base di tutto è sempre la recitazione.

La tua ironia e simpatia emiliana quanto ti sono d’aiuto nella tua carriera?

Tantissimo, gli emiliani, i romagnoli, io per primo, sono un popolo solare, hanno la gioia di vivere, il modo di parlare e le battute simpatiche fanno parte di una cultura che solo noi che siamo nati in quella terra capiamo profondamente e cerchiamo di trasmetterlo agli altri.

La partecipazione nella fiction Carabinieri 7 ha mostrato il tuo talento unito appunto all’ironia e alla simpatia emiliane. Che esperienza è stata e cosa ti ha lasciato come insegnamento artistico?

Be’, è stata una cosa simpatica, pulita, un prodotto adatto a grandi e piccoli, una fiction dove c’erano tante belle ragazze, si andava dalla Arcuri, alla Canalis, dalla Palmas, alla Marcuzzi, senza dimenticare la Mattera e la Chillemi… che dire… magari ci fosse una caserma cosi! Non la considero comunque una delle cose migliori che ho fatto, do certamente più valore ai circa sessanta film negli anni Novanta, alla serie televisiva di Don Tonino e alla recente serie televisiva Un Matrimonio, diretta da Pupi Avati. Comunque pare che si stia pensando a una nuova serie il cui titolo abbozzato è Carabinieri dieci anni dopo. Vediamo che succede.

Andrea, il rapporto artistico con un grande regista come Pupi Avati cosa ti ha dato in più?

Credo che non solo a me abbia dato tanto, ma anche a tutti gli attori che hanno lavorato con lui, tra questi Zingaretti, De Sica, Albanese. Quando parlo di Pupi Avati faccio sempre un paragone: lavorare sei mesi con lui equivale ad andare a scuola sei anni tutti i giorni. Devo dire che oltre al suo grande talento che secondo me è nella scrittura, le sue storie sono veramente belle, ha soprattutto un ottimo rapporto con gli attori, riesce con la sua grande maestria a tirar fuori da ognuno il meglio di sé. Quando si lavora con lui è certo che intorno a te c’è un cast di primissimo piano, nella serie televisiva Un Matrimonio ho lavorato con attori di prestigio quali Micaela Ramazzotti, Valeria Fabrizi, Christian De Sica… insomma con Avati anche per dire la semplice battuta “il pranzo e servito” ha bisogno di venti anni di cinema e teatro sulle spalle.

Sei Presidente di un importante Festival Internazionale del film corto, “Tulipani di Seta Nera” è uno dei più importanti e significativi eventi di cinema sociali realizzati in Italia, finalizzato a promuovere il lavoro di giovani autori. Ci parli di questa iniziativa? Com’è nata? E gli obiettivi?

È un’iniziativa nata nel 2008, a me piace tantissimo e sono orgoglioso di essere il Presidente del Festival, ho aggiunto la frase ”un sorriso diverso” perché lo scopo è focalizzare l’attenzione sul tema della diversità a 360°. È di fatto un’iniziativa finalizzata alla promozione di giovani autori che con le proprie opere raccontano l’essenza della diversità, sapendola valorizzare. Il cinema rappresenta la vita e la vita è diversità: essere un Tulipano Nero in mezzo a tanti bianchi può essere anche un vantaggio.

Pensi che ci possa essere un attore o attrice che possono far rivivere l’emozione di un Premio Oscar tutto italiano?

Secondo me sì, abbiamo tanti giovani attori che possono aspirare a ciò, come d’altronde abbiamo bravi registi quali Avati, Sorrentino, Genovese, Muccino, anche se a noi manca ancora la mentalità e i soldi per spingere i nostri prodotti a livello internazionale. Perché un film che gira tutto il mondo ha più possibilità di vincere un premio Oscar di un film che gira solo in Italia e ogni tanto va all’estero. Questo è comunque un grosso problema.

Se è vero che esiste una crisi nel e del cinema Italiano, è anche vero che si pensa e si parla soprattutto di carenza d’idee e mancanza di talenti, ma poco si discute della figura del produttore, che in realtà è quella più a rischio e più in crisi. Una tua visione di questo delicato argomento e una soluzione per te c’è?

La figura del produttore è quella più tartassata dalla crisi economica e di riflesso è quello che rischia economicamente di più. Però vorrei sottolineare che la crisi del cinema Italiano non è dovuta tanto ai produttori che ci sarebbero pure o agli attori bravi che abbiamo, quanto ai pochi aiuti che oggi vengono dati. Oggi si preferisce gettare soldi per fare stupidaggini…e se ne usano meno per fare cose valide. Quello che comunque manca di più  in Italia sono gli autori, tu puoi avere bravi attori e registi, se la storia però non regge non verrà mai un bel film. Ad esempio guarda la televisione, propone una cosa Avati: funziona, c’è la serie proposta recentemente Braccialetti rossi, funziona, Montalbano scritto da Camilleri anche questa una bella  storia ha ottenuto un enorme successo. L’America ci batte perché quando propone un film pensa prima alla storia e poi ricerca gli attori adatti alla parte. In Italia è completamente il contrario. Vorrei citare come esempio un film francese uscito qualche anno fa Quasi amici, attori sconosciuti, storia bella, risultato: vari riconoscimenti internazionali.

 Il passato del cinema italiano viene da molti critici identificato negli anni ’50 e ’60, nella stagione del Neorealismo, che ha partorito capolavori assoluti amati e studiati in tutto il mondo, firmati da artisti famosi quali: De Sica, Visconti, Rossellini. Al successivo ventennio dove compare il cinema popolare, aperto al vasto pubblico con registi come Monicelli, Risi, Comencini e Scola e attori istrioni come Sordi, Gassman, Tognazzi… oggi invece cosa succede al nostro cinema?

È una bella domanda… diciamo che il cinema italiano può suddividersi in tre fasi. La prima molto artistica identificata appunto negli anni ’50 e ’60, al cospetto di registi di grande spessore, la seconda più leggera dal punto di vista cinematografico, identificabile tra gli anni ’80 e ’90, dove comunque c’erano dei bellissimi film e attori importanti. Aggiungerei a queste una terza fase, quella attuale, dove ci sono film buoni ma tanti fatti così per fare. Il problema secondo me è che ci sono attori che fanno successo ma poi non sono in realtà dei veri “attori”. Mi spiego meglio, a me personalmente piace molto Checco Zalone, la sua comicità gli permette di ottenere molto successo, però lui interpreta solo se stesso, bisognerebbe vederlo cimentarsi in altri ruoli. Lo stesso vale per il trio Aldo, Giovanni, Giacomo, bravissimi ma interpretano sempre se stessi. Ecco, la differenza con i grandi attori del passato è proprio questa: gente come Sordi, Manfredi, Gassman, Tognazzi sapeva interpretare ruoli brillanti, comici, drammatici, e ha scritto pagine bellissime non solo nel mondo cinematografico. Vorrei fare una citazione a parte per Giancarlo Giannini, un attore vero a 360°.

Andrea, c’è un qualcosa che nella vita professionale passata vorresti modificare alla luce dell’esperienza di oggi?

Ce ne sono di cose che potevo migliorare… però penso che senza gli sbagli non ci sarebbero state le cose belle. Credo che le cose belle che ognuno di noi fa riescano perché ti sei accorto che hai sbagliato a farne altre senza rimpiangere nulla.

Un tuo desiderio, un qualcosa che vorresti fare nell’imminente? Sì, quello di fare un film come regista, con una mia storia che mi sta molto a cuore. Parla di un facoltoso avvocato che raccoglie cani randagi per strada, è un film con risvolti comici e drammatici. Lo vorrei dirigere io perché è già tutto nella mia testa e spiegare a tutti quello che ho sognato scrivendo questa cosa. Con questo film, a cui penso ormai da tempo, vorrei evidenziare come il sentimento dell’uomo si unisca a quello degli animali.

La Farandola News è una rivista che parla di arte, cultura, spettacolo eventi, è l’emblema di quello che di positivo e concreto si può fare nella così detta “periferia romana”, dove la passione si unisce alla rabbia del tanto disinteresse istituzionale. Andrea, cosa pensi di una “piccola testata giornalistica” come la nostra?

Credo che il vostro sia un lavoro importante e bello nello stesso momento. Lo spirito con cui oggi siamo qui a parlar, dimostra che con la passione di chi come voi crede a dei valori importanti si possano raggiungere obiettivi alti. È proprio dalla così detta “periferia” che si chiudono i “buchi culturali” della grande città. Complimenti per il vostro lavoro.

Pensi che quello che stia accadendo nel nostro paese possa ripercuotersi negativamente sulla nostra cultura o c’è uno “spiraglio” positivo?

Credo che l’unica cosa che si possa ripercuotere a seconda dei punti di vista è la troppa tecnologia cui fanno riferimento i giovani. Mi spiego meglio, oggi se vuoi sapere qualcosa vai sul computer, clicchi un motore di ricerca e trovi tutto quello che ti serve. Io mi ricordo che usavo i libri per qualsiasi tipo di ricerca, sottolineavo, prendevo appunti. La mente era più allenata e attiva. Oggi se domandi a un ragazzo di scuola chi erano Mastroianni o Manfredi  ti dicono “Chi sono?” Quando sono nato io Garibaldi non esisteva più… però mi sono documentato… sui libri! I giovani di oggi sono tecnologicamente avanzati però hanno poco in testa, sicuramente la colpa è la nostra, che gli abbiamo dato degli strumenti importanti e veloci senza però insegnargli a non trascurare le altre cose.